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Il barile di petrolio è sceso da 144 a 66 dollari in un anno Ma al distributore gli italiani risparmiano solo 25 centesimi

All’assemblea annuale dell’Unione petrolifera,

due giorni fa, Scajola ha chiesto spiegazioni

L’enigma del prezzo della benzina

Petrolio e profitti. Benzina ed extra­profitti.

Sospetti legittimi o luo­ghi comuni? Il dubbio è forte. Difficile però da contrastare, soprattutto quando tra le società che l’anno scorso hanno guadagnato più utili in assoluto a livello mondiale figurano al primo e al secondo posto, nella classifica di For­bes,

proprio due major petrolifere:

ExxonMobil, con 45,2 miliardi di dolla­ri,

e Chevron, con 23,9 miliardi.

2009-06-12

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2009-06-12

All’assemblea annuale dell’Unione petrolifera, due giorni fa, Scajola ha chiesto spiegazioni

L’enigma del prezzo della benzina

Il barile di petrolio è sceso da 144 a 66 dollari in un anno Ma al distributore gli italiani risparmiano solo 25 centesimi

Petrolio e profitti. Benzina ed extra­profitti. Sospetti legittimi o luo­ghi comuni? Il dubbio è forte. Dif­ficile però da contrastare, soprattutto quando tra le società che l’anno scorso hanno guadagnato più utili in assoluto a livello mondiale figurano al primo e al secondo posto, nella classifica di For­bes, proprio due major petrolifere: ExxonMobil, con 45,2 miliardi di dolla­ri, e Chevron, con 23,9 miliardi.

C’è l’eterna questione della doppia velocità di adeguamento dei prezzi dei carburanti con i corsi del petrolio. E le domande che si rincorrono sono sem­pre le solite: perché i rincari del greggio scattano quasi in simultanea sui listini di benzina e gasolio, mentre i ribassi so­no più lenti a manifestarsi. Di più: co­me è possibile pagare un litro di benzi­na 1,27 euro con il barile di greggio a 66 dollari (al 1˚ giugno), quando, nel lu­glio dell’anno scorso con il valore del barile più che doppio a quota 144 dolla­ri, per un litro della stessa benzina si pa­gava poco più di un euro e mezzo (1,53)?

Non sono solo le associazioni dei consumatori a lanciare accuse di specu­lazione nei confronti dei petrolieri. An­che un ministro della Repubblica ades­so vuole vederci chiaro. Due giorni fa, nel sancta sanctorum delle compagnie riunite dall’Unione petrolifera per l’as­semblea annuale, Claudio Scajola, re­sponsabile dello Sviluppo economico, ha detto chiaro e tondo che intende "chiedere conto all’industria petrolife­ra dell’andamento dei prezzi della ben­zina alla pompa".

Ma i petrolieri si sentono la coscien­za a posto. "Noi abbiamo la forza dei nu­meri. Sui prezzi della benzina e sulla co­municazione al pubblico serve più pru­denza, in particolare da parte di alcune associazioni dei consumatori, che privi­legiano informazioni non corrette e in­generano false aspettative nei consuma­tori ", è stata la replica del numero uno dell’associazione di categoria, Pasquale De Vita. E la differenza con il resto d’Eu­ropa, che penalizza l’automobilista ita­liano? "Da noi il prezzo della benzina è superiore di 3-4 centesimi rispetto ad altri Paesi europei", ha risposto lo stes­so De Vita nel corso dell’audizione alla commissione Controllo dei prezzi del Senato. Spiegando poi che questa diffe­renza è comunque alimentata "dall’abi­tudine del consumatore italiano a farsi servire (60%) mentre in Europa il 90% si serve da solo. E poi in Italia abbiamo un numero più alto di impianti, con una vendita più bassa e costi più eleva­ti ".

Per meglio capire chi può avere più o meno ragione, sono necessarie alcune considerazioni di fondo. A cominciare dall’analisi della struttura del prezzo di un litro di carburante, che è determina­ta per il 40% dal costo industriale, e per il restante 60% dalle componenti fiscali (accise e Iva). Il costo industriale, che come si è visto pesa per meno della me­tà sul prezzo finale alla pompa, è a sua volta la somma di costi come la materia prima (benzina o gasolio in base alle quotazioni Platts), trasporto, stoccag­gio, raffinazione e margini per il benzi­naio. A questo punto risulta più facile comprendere un altro aspetto non se­condario: quando si verificano aumenti o diminuzioni delle quotazioni del pe­trolio, si intendono variazioni che inci­dono solo su circa il 30% del prezzo fina­le al consumo. E, per essere più precisi, più che del petrolio andrebbero analiz­zate puntualmente le quotazioni Platts (un’agenzia indipendente basata a Lon­dra) relative al greggio raffinato, benzi­na o gasolio, espresse in dollari per ton­nellata, che vengono elaborate sulla ba­se del rapporto domanda-offerta.

Se margini di guadagno o di specula­zione (a seconda dei punti di vista) ci possono essere, vanno dunque ricerca­ti all’interno di queste voci che compon­gono il costo industriale. In particolare nelle quotazioni Platts. Fermo restando che la domanda è determinata dal mer­cato di consumo, l’offerta, che poi na­sce dall’attività delle raffinerie, è condi­zionata dalla capacità di produzione o anche dalla temporanea chiusura di uno o più impianti di raffinazione. Se­condo gli analisti di CnnMoney, i rinca­ri dei prezzi dei carburanti hanno un in­diziato particolare: le raffinerie, che sta­rebbero cercando di recuperare le perdi­te subite lo scorso anno, quando sono state costrette a comperare petrolio al massimo delle quotazioni, per poi ri­vendere i raffinati in un mercato de­presso.

Nella situazione attuale, secon­do gli stessi analisti, gli impianti di raffi­nazione avrebbero ridotto la produzio­ne, in modo da far salire i prezzi, dopo aver stoccato, nei mesi passati, barili di petrolio a basso prezzo (a dicembre è stato raggiunto il minimo di 34 dollari al barile e fino ad aprile il greggio si è mantenuto sotto i 50 dollari). Un ulte­riore approfondimento, che sicuramen­te farebbe emergere curiose scoperte, potrebbe essere fatto anche a proposito del fattore cambio, dal momento che le compagnie europee comprano il petro­lio in dollari, e rivendono in euro i pro­dotti raffinati, benzina o gasolio.

"I prezzi dei carburanti seguono i mercati internazionali e sono probabil­mente le commodity di cui al mondo si segue con maggiore attenzione l’anda­mento ", commenta Antonello Mincia­roni, esperto prezzi Mercato petrolifero del giornale online quotidianoenergia.

"Al di là delle tensioni degli ultimi gior­ni, analizzando lo specifico del mercato italiano si possono scoprire novità inte­ressanti. Tanto per cominciare, i consu­mi dei carburanti per autotrazione so­no in caduta verticale e nei primi quat­tro mesi il deficit, rispetto allo stesso pe­riodo del 2008, è di oltre 770 mila ton­nellate. Questo costringe un po’ tutte le compagnie a proporre campagne con sconti significativi e in modalità diffe­renziate. Esistono viceversa realtà che in questo mercato in grande affanno raccolgono sempre più i favori dei con­sumatori: sono le reti indipendenti, quelle cioè che innalzano sulla stazione di servizio le proprie insegne e non quelle delle note compagnie petrolife­re, oppure quelle della grande distribu­zione organizzata, presenti soprattutto nelle regioni del Centro-Nord Italia".

Sul mercato esistono dunque già, per il consumatore che le vuole o le può cogliere, opportunità di risparmio. Fra i prezzi più convenienti e quelli più cari (come in Campania e Puglia) ci so­no oggi differenze, per la benzina, di 14-15 centesimi al litro. "In pratica — aggiunge Minciaroni — l’automobilista avveduto e attento ai prezzi, potremmo dire quello che 'acquista' e non 'fa' benzina, paga mediamente meno di quello europeo, mentre viceversa quel­lo distratto, che 'fa' benzina, non guar­da il prezzo e se ne rimane comodamen­te seduto a farsi servire, paga il conto per tutti".

Gabriele Dossena

12 giugno 2009

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